Webinar: “LA DIREZIONE LAVORI DELLE STRUTTURE IN ACCIAIO” – 23 febbraio e 1 marzo 2024
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Webinar: “LA DIREZIONE LAVORI DELLE STRUTTURE IN ACCIAIO” – 23 febbraio e 1 marzo 2024
In un fabbricato con struttura in acciaio la struttura in acciaio segue le tolleranze secondo la 1090-2(erection) e nuclei e solai con piccolo aggetto perimetrale in calcestruzzo con tolleranze diverse dalla struttura in acciaio ovviamente. Per quest’ultima soprattutto la parte aggettante è leggermente fuori tolleranza, dal punto di vista della direzione lavori è necessario indicarla come non conformità? Come andrebbe trattata? Ovviamente non può far riferimento alla 1090-2 a cui si attiene la struttura in acciaio, giusto?
Ringrazio cordialmente.
Andrea
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Andrea
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Re: Webinar: “LA DIREZIONE LAVORI DELLE STRUTTURE IN ACCIAIO” – 23 febbraio e 1 marzo 2024
Quesito
Per strutture temporanee (gazebi per sagre e similari) soggette alla EN 13782, la ditta costruttrice deve essere EN-1090? Per queste strutture “leggere” (spessori massimo 3 mm) deve essere rilasciata la certificazione CE? Secondo me si, però mi sono accorto che i costruttori sono artigiani (al massimo con patenti per i saldatori) ma non hanno alcuna certificazione.
Grazie
Marco Becucci
Per strutture temporanee (gazebi per sagre e similari) soggette alla EN 13782, la ditta costruttrice deve essere EN-1090? Per queste strutture “leggere” (spessori massimo 3 mm) deve essere rilasciata la certificazione CE? Secondo me si, però mi sono accorto che i costruttori sono artigiani (al massimo con patenti per i saldatori) ma non hanno alcuna certificazione.
Grazie
Marco Becucci
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Re: Webinar: “LA DIREZIONE LAVORI DELLE STRUTTURE IN ACCIAIO” – 23 febbraio e 1 marzo 2024
On 5 Marzo 2024 alle 8:44 Marco Becucci said
Quesito
Per strutture temporanee (gazebi per sagre e similari) soggette alla EN 13782, la ditta costruttrice deve essere EN-1090? Per queste strutture “leggere” (spessori massimo 3 mm) deve essere rilasciata la certificazione CE? Secondo me si, però mi sono accorto che i costruttori sono artigiani (al massimo con patenti per i saldatori) ma non hanno alcuna certificazione.
Grazie
Risponde l’ing. Franco De Pizzol
Circa il quesito argomento come segue:
a) Non si deve confondere il concetto di “temporaneità” (o “precarietà”) con quello di “periodicità” (o “stagionalità”): la giurisprudenza precisa a riguardo i termini della fondamentale differenza (allego copia della sentenza 986/2011 del Consiglio di Stato sez. VI) assegnando soltanto al secondo l’applicabilità del D.P.R. 380/2001 circa la condizione di “intervento edilizio” di cui all’art. 3 ed in particolare “di nuova costruzione” di cui al c.1 punto e).
b) Soltanto nel secondo caso risulta applicabile la L. 1086/71 e le relative N.T.C. (peraltro in accordo alla definizione comunitaria di “opera di costruzione” di cui al Reg. 305/2011 art. 2), con la conseguente applicabilità di EN 1090 parti 1 e 2.
Si riporta un commento alla sentenza n. 986/ 2011 della sesta sezione del Consiglio di Stato, che riguarda l’argomento.
Quesito
Per strutture temporanee (gazebi per sagre e similari) soggette alla EN 13782, la ditta costruttrice deve essere EN-1090? Per queste strutture “leggere” (spessori massimo 3 mm) deve essere rilasciata la certificazione CE? Secondo me si, però mi sono accorto che i costruttori sono artigiani (al massimo con patenti per i saldatori) ma non hanno alcuna certificazione.
Grazie
Risponde l’ing. Franco De Pizzol
Circa il quesito argomento come segue:
a) Non si deve confondere il concetto di “temporaneità” (o “precarietà”) con quello di “periodicità” (o “stagionalità”): la giurisprudenza precisa a riguardo i termini della fondamentale differenza (allego copia della sentenza 986/2011 del Consiglio di Stato sez. VI) assegnando soltanto al secondo l’applicabilità del D.P.R. 380/2001 circa la condizione di “intervento edilizio” di cui all’art. 3 ed in particolare “di nuova costruzione” di cui al c.1 punto e).
b) Soltanto nel secondo caso risulta applicabile la L. 1086/71 e le relative N.T.C. (peraltro in accordo alla definizione comunitaria di “opera di costruzione” di cui al Reg. 305/2011 art. 2), con la conseguente applicabilità di EN 1090 parti 1 e 2.
Si riporta un commento alla sentenza n. 986/ 2011 della sesta sezione del Consiglio di Stato, che riguarda l’argomento.
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Re: Webinar: “LA DIREZIONE LAVORI DELLE STRUTTURE IN ACCIAIO” – 23 febbraio e 1 marzo 2024
On 4 Marzo 2024 alle 15:51 Andrea said
In un fabbricato con struttura in acciaio la struttura in acciaio segue le tolleranze secondo la 1090-2(erection) e nuclei e solai con piccolo aggetto perimetrale in calcestruzzo con tolleranze diverse dalla struttura in acciaio ovviamente. Per quest’ultima soprattutto la parte aggettante è leggermente fuori tolleranza, dal punto di vista della direzione lavori è necessario indicarla come non conformità? Come andrebbe trattata? Ovviamente non può far riferimento alla 1090-2 a cui si attiene la struttura in acciaio, giusto?
Ringrazio cordialmente.
Risponde l’ing. Luca Rossini.
Per le strutture in calcestruzzo, analogamente a quelle in acciaio con la norma UNI EN 1090-2, è presente una normativa che definisce le tolleranze di realizzazione di fabbricazione in cantiere. Si tratta della UNI EN 13670-Esecuzione strutture in calcestruzzo, che fornisce indicazioni sulla realizzazione di elementi in calcestruzzo gettati in opera.
Ovviamente nel caso di opere in strutture miste acciaio/cls vige il rispetto delle condizioni più stringenti all’interfaccia tra le due tipologie strutturali. Tali indicazioni, inoltre, dovranno essere compatibili con i limiti richiesti da finiture e/o impianti.
Qualora tali tolleranze non fossero rispettate, la DLS può aprire una non conformità e richiedere una procedura di ripristino.
Grazie, rimango a disposizione per qualsiasi chiarimento.
In un fabbricato con struttura in acciaio la struttura in acciaio segue le tolleranze secondo la 1090-2(erection) e nuclei e solai con piccolo aggetto perimetrale in calcestruzzo con tolleranze diverse dalla struttura in acciaio ovviamente. Per quest’ultima soprattutto la parte aggettante è leggermente fuori tolleranza, dal punto di vista della direzione lavori è necessario indicarla come non conformità? Come andrebbe trattata? Ovviamente non può far riferimento alla 1090-2 a cui si attiene la struttura in acciaio, giusto?
Ringrazio cordialmente.
Risponde l’ing. Luca Rossini.
Per le strutture in calcestruzzo, analogamente a quelle in acciaio con la norma UNI EN 1090-2, è presente una normativa che definisce le tolleranze di realizzazione di fabbricazione in cantiere. Si tratta della UNI EN 13670-Esecuzione strutture in calcestruzzo, che fornisce indicazioni sulla realizzazione di elementi in calcestruzzo gettati in opera.
Ovviamente nel caso di opere in strutture miste acciaio/cls vige il rispetto delle condizioni più stringenti all’interfaccia tra le due tipologie strutturali. Tali indicazioni, inoltre, dovranno essere compatibili con i limiti richiesti da finiture e/o impianti.
Qualora tali tolleranze non fossero rispettate, la DLS può aprire una non conformità e richiedere una procedura di ripristino.
Grazie, rimango a disposizione per qualsiasi chiarimento.
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Re: Webinar: “LA DIREZIONE LAVORI DELLE STRUTTURE IN ACCIAIO” – 23 febbraio e 1 marzo 2024
Buongiorno,
vorrei alcuni chiarimenti sul seguente quesito. Dal corso ho capito che la EN1090 di fatto a valenza di legge in quanto citata nelle NTC e nel CPR305. Ha valenza di legge anche il documento CEN/TR 17052 (linee guida)? La mia domanda nasce dalla necessità di capire se i sili (peraltro citati nella prima parte del corso) siano da trattare come opere da costruzione o no. Le linee guida sopra citate includono i sili nel campo di applicabilità della 1090. In più, come consigliato, mi sono riferito alla circolare 11951/1974, la quale include i sili nelle opere di edilizia industriale. Quindi, le lamiere calandrate che escono dall’officina per la costruzione di un silo devono essere accompagnate da una DOP? L’assiemaggio in cantiere deve seguire la EN1090-2?
Grazie in anticipo per i chiarimenti.
Emiliano Durante
vorrei alcuni chiarimenti sul seguente quesito. Dal corso ho capito che la EN1090 di fatto a valenza di legge in quanto citata nelle NTC e nel CPR305. Ha valenza di legge anche il documento CEN/TR 17052 (linee guida)? La mia domanda nasce dalla necessità di capire se i sili (peraltro citati nella prima parte del corso) siano da trattare come opere da costruzione o no. Le linee guida sopra citate includono i sili nel campo di applicabilità della 1090. In più, come consigliato, mi sono riferito alla circolare 11951/1974, la quale include i sili nelle opere di edilizia industriale. Quindi, le lamiere calandrate che escono dall’officina per la costruzione di un silo devono essere accompagnate da una DOP? L’assiemaggio in cantiere deve seguire la EN1090-2?
Grazie in anticipo per i chiarimenti.
Emiliano Durante
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Re: Webinar: “LA DIREZIONE LAVORI DELLE STRUTTURE IN ACCIAIO” – 23 febbraio e 1 marzo 2024
On 6 Marzo 2024 alle 9:24 emiliano durante said
Buongiorno,
vorrei alcuni chiarimenti sul seguente quesito. Dal corso ho capito che la EN1090 di fatto a valenza di legge in quanto citata nelle NTC e nel CPR305. Ha valenza di legge anche il documento CEN/TR 17052 (linee guida)? La mia domanda nasce dalla necessità di capire se i sili (peraltro citati nella prima parte del corso) siano da trattare come opere da costruzione o no. Le linee guida sopra citate includono i sili nel campo di applicabilità della 1090. In più, come consigliato, mi sono riferito alla circolare 11951/1974, la quale include i sili nelle opere di edilizia industriale. Quindi, le lamiere calandrate che escono dall’officina per la costruzione di un silo devono essere accompagnate da una DOP? L’assiemaggio in cantiere deve seguire la EN1090-2?
Grazie in anticipo per i chiarimenti.
Risponde l’ing. Franco De Pizzol.
Circa il documento CEN/TR 17052.
Se una norma è “armonizzata”, lo è necessariamente (in caso contrario non è “armonizzata” ed è una usuale norma “tecnica”) nel suo riferirsi ad uno specifico (uno solo) strumento legislativo comunitario (norma “armonizzata” al Reg. “Prodotti da Costruzione”, o al Reg. “Macchine”, o alla Direttiva “Recipienti in Pressione”, ecc.).
Se “armonizzata”, essa diviene cogente entro il complessivo territorio comunitario (a volte, se previsto dallo strumento legislativo di riferimento, entro il più ampio “Spazio Economico Europeo”) alla scadenza del previsto “periodo di coesistenza” (appositamente determinato all’atto della pubblicazione della norma stessa). La norma EN 1090-1 ha cessato il suo periodo di coesistenza in data 1° luglio 2014, divenendo in pari data cogente anche su territorio nazionale.
Il “Rapporto Tecnico” CEN/TR 17052: a) non è una norma; b) non è quindi una “norma armonizzata”; c) non è citato dal legislatore nazionale. Quindi non ha alcuna caratteristica di cogenza, né su territorio comunitario che nazionale. Affermo che è possibile equipararlo ad una sorta di “circolare esplicativa CEN”, in quanto tale impiegabile quale supporto argomentativo entro un’eventuale questione di applicabilità della norma armonizzata EN 1090-1.
Circa l'”oggetto” “silo”.
La questione (“LA questione”) è stabilire se si tratti di “opera di costruzione” (impiegando il linguaggio comunitario del Reg. 305/2011 art. 2), o se preferiamo di “costruzione” (impiegando il linguaggio delle N.T.C. e della L. 1086/71), o anche di “opera di ingegneria civile” (impiegando di nuovo il linguaggio comunitario ed anche quello della Circ. 11951/74), o anche di “intervento edilizio” “di nuova costruzione” (impiegando il linguaggio del D.P.R. 380/2001 art.3) .
Qual è il luogo ove poter procurarsi l’interpretazione autentica nei casi di dubbio? Senz’altro il C.S.LL.PP., attraverso il suo S.T.C., e quindi attraverso gli uffici di emanazione territoriale del medesimo, ovvero gli uffici del G.C., o equipollenti, presso i quali dev’essere presentata la “denuncia delle opere”.
Dal punto di vista nazionale e circa l'”oggetto” “silo” appare di univoca interpretazione il testo del capoverso “Impianti industriali” entro la Circ. 11951/74, con la conseguente piena cogenza di applicazione della EN 1090-1 e requisiti tecnici derivanti.
Dal punto di vista comunitario (ma per qualsiasi applicazione in qualsiasi stato membro risulta gerarchicamente preponderante la cogenza eventualmente derivante dalla locale interpretazione del concetto di “opera di costruzione”) anche la “circolare” CEN/TR 17052 pare non porre dubbi (in riferimento al punto A.51 dell’Annesso A), intendendo tralasciare qui i commenti relativi alla sostanziale “impropriatezza” di entrambi gli Annessi, che consiglio in ogni caso di NON considerare nel caso di lettura/impiego del documento.
In conclusione: ritengo l'”oggetto” “silo” senz’altro configurantesi quale “opera di costruzione” (a sè stante se isolato, ovvero parte di opera più ampia) e come tale ricadente nell'”alveo” 1086/NTC/EN1090-1/EN1090-2.
Buongiorno,
vorrei alcuni chiarimenti sul seguente quesito. Dal corso ho capito che la EN1090 di fatto a valenza di legge in quanto citata nelle NTC e nel CPR305. Ha valenza di legge anche il documento CEN/TR 17052 (linee guida)? La mia domanda nasce dalla necessità di capire se i sili (peraltro citati nella prima parte del corso) siano da trattare come opere da costruzione o no. Le linee guida sopra citate includono i sili nel campo di applicabilità della 1090. In più, come consigliato, mi sono riferito alla circolare 11951/1974, la quale include i sili nelle opere di edilizia industriale. Quindi, le lamiere calandrate che escono dall’officina per la costruzione di un silo devono essere accompagnate da una DOP? L’assiemaggio in cantiere deve seguire la EN1090-2?
Grazie in anticipo per i chiarimenti.
Risponde l’ing. Franco De Pizzol.
Circa il documento CEN/TR 17052.
Se una norma è “armonizzata”, lo è necessariamente (in caso contrario non è “armonizzata” ed è una usuale norma “tecnica”) nel suo riferirsi ad uno specifico (uno solo) strumento legislativo comunitario (norma “armonizzata” al Reg. “Prodotti da Costruzione”, o al Reg. “Macchine”, o alla Direttiva “Recipienti in Pressione”, ecc.).
Se “armonizzata”, essa diviene cogente entro il complessivo territorio comunitario (a volte, se previsto dallo strumento legislativo di riferimento, entro il più ampio “Spazio Economico Europeo”) alla scadenza del previsto “periodo di coesistenza” (appositamente determinato all’atto della pubblicazione della norma stessa). La norma EN 1090-1 ha cessato il suo periodo di coesistenza in data 1° luglio 2014, divenendo in pari data cogente anche su territorio nazionale.
Il “Rapporto Tecnico” CEN/TR 17052: a) non è una norma; b) non è quindi una “norma armonizzata”; c) non è citato dal legislatore nazionale. Quindi non ha alcuna caratteristica di cogenza, né su territorio comunitario che nazionale. Affermo che è possibile equipararlo ad una sorta di “circolare esplicativa CEN”, in quanto tale impiegabile quale supporto argomentativo entro un’eventuale questione di applicabilità della norma armonizzata EN 1090-1.
Circa l'”oggetto” “silo”.
La questione (“LA questione”) è stabilire se si tratti di “opera di costruzione” (impiegando il linguaggio comunitario del Reg. 305/2011 art. 2), o se preferiamo di “costruzione” (impiegando il linguaggio delle N.T.C. e della L. 1086/71), o anche di “opera di ingegneria civile” (impiegando di nuovo il linguaggio comunitario ed anche quello della Circ. 11951/74), o anche di “intervento edilizio” “di nuova costruzione” (impiegando il linguaggio del D.P.R. 380/2001 art.3) .
Qual è il luogo ove poter procurarsi l’interpretazione autentica nei casi di dubbio? Senz’altro il C.S.LL.PP., attraverso il suo S.T.C., e quindi attraverso gli uffici di emanazione territoriale del medesimo, ovvero gli uffici del G.C., o equipollenti, presso i quali dev’essere presentata la “denuncia delle opere”.
Dal punto di vista nazionale e circa l'”oggetto” “silo” appare di univoca interpretazione il testo del capoverso “Impianti industriali” entro la Circ. 11951/74, con la conseguente piena cogenza di applicazione della EN 1090-1 e requisiti tecnici derivanti.
Dal punto di vista comunitario (ma per qualsiasi applicazione in qualsiasi stato membro risulta gerarchicamente preponderante la cogenza eventualmente derivante dalla locale interpretazione del concetto di “opera di costruzione”) anche la “circolare” CEN/TR 17052 pare non porre dubbi (in riferimento al punto A.51 dell’Annesso A), intendendo tralasciare qui i commenti relativi alla sostanziale “impropriatezza” di entrambi gli Annessi, che consiglio in ogni caso di NON considerare nel caso di lettura/impiego del documento.
In conclusione: ritengo l'”oggetto” “silo” senz’altro configurantesi quale “opera di costruzione” (a sè stante se isolato, ovvero parte di opera più ampia) e come tale ricadente nell'”alveo” 1086/NTC/EN1090-1/EN1090-2.
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Re: Webinar: “LA DIREZIONE LAVORI DELLE STRUTTURE IN ACCIAIO” – 23 febbraio e 1 marzo 2024
Webinar interessante. Mi perdonerete ma ho diversi quesiti da porre.
Tra gli output del processo di progettazione bisognerebbe riportare anche le tolleranze geometriche essenziali e funzionali. Il progettista è tenuto a fare delle valutazioni ad hoc, oppure può limitarsi a far utile riferimento ai contenuti della UNI EN 1090-2?
Inoltre, bisognerebbe riportare indicazioni sui parametri da sottoporre a monitoraggio ai fini manutentivi, come da slide 9. Se non capisco male, la valutazione di tali parametri presupporrebbe eseguire delle analisi considerando le parti d’opera nella situazione difettata. I risultati così ottenuti dipendono fortemente dall’ipotesi di difetto fatta a monte, per cui si aprirebbero tante possibili configurazioni di analisi. A tal riguardo esiste qualche indicazione più precisa su come affrontare la questione?
Più volte durante la prima giornata si è tirato in ballo il progettista durante la fase di direzione dei lavori, nel senso che lo stesso è tenuto a modificare eventuali assunzioni fatte in fase di progettazione ripetendo anche le analisi se necessario. Quali sono i limiti per i quali il progettista è tenuto a fare tale attività? Tale attività è da considerarsi parte integrante della progettazione, e quindi già remunerata con essa, oppure è un’attività di supporto alla DL? Esiste qualche riferimento legislativo che ponga tale obbligo in capo al progettista?
Abbiamo visto che nel caso in cui le opere metalliche non abbiano un ruolo nella struttura principale dell’edificio, ma comunque un carattere autoportante, non rientrano nel campo di applicazione della UNI EN 1090-1. In ogni caso le NTC2018 prescrivono che tali componenti devono essere realizzati secondo la UNI EN 1090-2. In questi casi il progettista specifica, comunque, una classe di esecuzione, di cui all’Eurocodice 3, e quindi in fase di esecuzione bisogna comunque richiedere una DoP e una marcatura CE?
A valle delle operazioni di assemblaggio in sito, oltre le certificazioni di eventuali saldature in sito e di serraggio di bulloni, l’impresa installatrice deve rilasciare qualche certificazione/dichiarazione? Inoltre, la suddetta impresa deve avere delle certificazioni specifiche per poter montare la struttura metallica?
Ai fini dell’identificazione, i produttori di elementi in acciaio sono tenuti a marchiare i loro prodotti, similmente a come succede per le barre da c.a.?
Durante la prima giornata è stato accennato al tema delle spese connesse alle prove di accettazione dei materiali. Nella mia esperienza le imprese “ben accettano” le spese sulle classiche prove sugli acciai, cls, ma non le spese di eventuali prove di carico richieste dal Collaudatore o dallo stesso DL. In questi casi chi sarebbe tenuto a pagare? Esistono indicazioni legislative al riguardo o andrebbe specificato nel capitolato?
Per le prove di accettazione sui materiali di cui al 11.3.4.11.3 delle NTC2018, in merito agli elementi di carpenteria metallica, volevo chiedere quanto segue. Ammettiamo che per la realizzazione di un capannone industriale sia stato utilizzato un quantitativo totale di acciaio da carpenteria pari a 80 ton. Supponiamo che gli elementi metallici, di differenti tipologie di profilati, provengono da due produttori differenti e da lotti di produzioni differenti. Tutti gli elementi sono costituiti dalla stessa tipologia d’acciaio. Volendo rispettare al minimo quanto prescritto dalle NTC2018, in casi del genere basterebbe far testare totali 3 provette di acciaio, indipendentemente dal numero di produttori e quant’altro?
Sempre in merito alle prove di accettazione, quando la norma parla di giunzioni meccaniche immagino si riferisca alle eventuali piastre piaste utilizzate nei giunti, prescrivendo 3 campioni ogni 100 pezzi. È corretto intendere il pezzo come la singola piastra di dimensioni axb e spessore t utilizzata nei giunti? Ad esempio, nel caso di giunti di continuità di una IPE, a giunto flangiato, con doppia piastra d’anima, doppia piastra d’ala sia superiormente che inferiormente, avremmo, considerando che le piastre d’ala interne debbono essere spezzate, 8 pezzi?
Per quanto riguarda i bulloni, durante la direzione dei lavori, spesso ho difficoltà a far digerire alle imprese la necessità di utilizzare i bulloni marcati CE, siano o non a serraggio controllato. Esistono delle casistiche in cui possono essere usati bulloni non marcati CE?
Grazie.
Paolo
Tra gli output del processo di progettazione bisognerebbe riportare anche le tolleranze geometriche essenziali e funzionali. Il progettista è tenuto a fare delle valutazioni ad hoc, oppure può limitarsi a far utile riferimento ai contenuti della UNI EN 1090-2?
Inoltre, bisognerebbe riportare indicazioni sui parametri da sottoporre a monitoraggio ai fini manutentivi, come da slide 9. Se non capisco male, la valutazione di tali parametri presupporrebbe eseguire delle analisi considerando le parti d’opera nella situazione difettata. I risultati così ottenuti dipendono fortemente dall’ipotesi di difetto fatta a monte, per cui si aprirebbero tante possibili configurazioni di analisi. A tal riguardo esiste qualche indicazione più precisa su come affrontare la questione?
Più volte durante la prima giornata si è tirato in ballo il progettista durante la fase di direzione dei lavori, nel senso che lo stesso è tenuto a modificare eventuali assunzioni fatte in fase di progettazione ripetendo anche le analisi se necessario. Quali sono i limiti per i quali il progettista è tenuto a fare tale attività? Tale attività è da considerarsi parte integrante della progettazione, e quindi già remunerata con essa, oppure è un’attività di supporto alla DL? Esiste qualche riferimento legislativo che ponga tale obbligo in capo al progettista?
Abbiamo visto che nel caso in cui le opere metalliche non abbiano un ruolo nella struttura principale dell’edificio, ma comunque un carattere autoportante, non rientrano nel campo di applicazione della UNI EN 1090-1. In ogni caso le NTC2018 prescrivono che tali componenti devono essere realizzati secondo la UNI EN 1090-2. In questi casi il progettista specifica, comunque, una classe di esecuzione, di cui all’Eurocodice 3, e quindi in fase di esecuzione bisogna comunque richiedere una DoP e una marcatura CE?
A valle delle operazioni di assemblaggio in sito, oltre le certificazioni di eventuali saldature in sito e di serraggio di bulloni, l’impresa installatrice deve rilasciare qualche certificazione/dichiarazione? Inoltre, la suddetta impresa deve avere delle certificazioni specifiche per poter montare la struttura metallica?
Ai fini dell’identificazione, i produttori di elementi in acciaio sono tenuti a marchiare i loro prodotti, similmente a come succede per le barre da c.a.?
Durante la prima giornata è stato accennato al tema delle spese connesse alle prove di accettazione dei materiali. Nella mia esperienza le imprese “ben accettano” le spese sulle classiche prove sugli acciai, cls, ma non le spese di eventuali prove di carico richieste dal Collaudatore o dallo stesso DL. In questi casi chi sarebbe tenuto a pagare? Esistono indicazioni legislative al riguardo o andrebbe specificato nel capitolato?
Per le prove di accettazione sui materiali di cui al 11.3.4.11.3 delle NTC2018, in merito agli elementi di carpenteria metallica, volevo chiedere quanto segue. Ammettiamo che per la realizzazione di un capannone industriale sia stato utilizzato un quantitativo totale di acciaio da carpenteria pari a 80 ton. Supponiamo che gli elementi metallici, di differenti tipologie di profilati, provengono da due produttori differenti e da lotti di produzioni differenti. Tutti gli elementi sono costituiti dalla stessa tipologia d’acciaio. Volendo rispettare al minimo quanto prescritto dalle NTC2018, in casi del genere basterebbe far testare totali 3 provette di acciaio, indipendentemente dal numero di produttori e quant’altro?
Sempre in merito alle prove di accettazione, quando la norma parla di giunzioni meccaniche immagino si riferisca alle eventuali piastre piaste utilizzate nei giunti, prescrivendo 3 campioni ogni 100 pezzi. È corretto intendere il pezzo come la singola piastra di dimensioni axb e spessore t utilizzata nei giunti? Ad esempio, nel caso di giunti di continuità di una IPE, a giunto flangiato, con doppia piastra d’anima, doppia piastra d’ala sia superiormente che inferiormente, avremmo, considerando che le piastre d’ala interne debbono essere spezzate, 8 pezzi?
Per quanto riguarda i bulloni, durante la direzione dei lavori, spesso ho difficoltà a far digerire alle imprese la necessità di utilizzare i bulloni marcati CE, siano o non a serraggio controllato. Esistono delle casistiche in cui possono essere usati bulloni non marcati CE?
Grazie.
Paolo
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Re: Webinar: “LA DIREZIONE LAVORI DELLE STRUTTURE IN ACCIAIO” – 23 febbraio e 1 marzo 2024
Risposte alle domande del post #18125.
Risponde l’ing. Franco De Pizzol.
DOMANDA
Tra gli output del processo di progettazione bisognerebbe riportare anche le tolleranze geometriche essenziali e funzionali. Il progettista è tenuto a fare delle valutazioni ad hoc, oppure può limitarsi a far utile riferimento ai contenuti della UNI EN 1090-2?
RISPOSTA
Il progettista è sempre tenuto “a fare valutazioni ad hoc” perché si tratta del suo progetto. Ovvero deve sempre valutare quali siano i valori delle tolleranze geometriche (senz’altro per le essenziali e per le funzionali quantomeno in relazione al processo di installazione) superati i quali la sua struttura “non funzioni più”. Se con “limitarsi a far utile riferimento ai contenuti della UNI EN 1090-2” si intende non procedere “a fare valutazioni ad hoc”, allora non ci siamo (resta evidentemente possibile che le comunque ineludibili “valutazioni ad hoc” conducano a riscontrare la riferibilità ai valori di tabella per la sua struttura e quindi alla loro specificazione).
Il progettista dovrebbe indicare le tolleranze da rispettare nel Capitolato Tecnico (CT) (o in un documento citato nel CT come sua parte integrante). Il CT è infatti un documento contrattuale che obbliga quindi il Costruttore al suo rispetto, pena eventuali azioni da parte del Committente (degrado dell’opera), e nello stesso tempo gli consente di fissare un prezzo per l’opera che tenga conto anche del rispetto di quelle tolleranze. Se le tolleranze venissero invece indicate solo in disegni di progetto emessi DOPO la firma del contratto, il Costruttore potrebbe richiedere degli extra costi.
DOMANDA
Inoltre, bisognerebbe riportare indicazioni sui parametri da sottoporre a monitoraggio ai fini manutentivi, come da slide 9. Se non capisco male, la valutazione di tali parametri presupporrebbe eseguire delle analisi considerando le parti d’opera nella situazione difettata. I risultati così ottenuti dipendono fortemente dall’ipotesi di difetto fatta a monte, per cui si aprirebbero tante possibili configurazioni di analisi. A tal riguardo esiste qualche indicazione più precisa su come affrontare la questione?
RISPOSTA
No. Il messaggio è diverso: in sede di progettazione strutturale per la manutenzione (perché di progettazione strutturale si parla) l’unico soggetto che può definire quali siano i livelli prestazionali minimi al raggiungimento dei quali deve intervenire il processo di manutenzione programmata (meccanismo strettamente correlato con la volontà del gestore ed i costi relativi), è il progettista strutturale. Livelli prestazionali minimi di quali parametri? Evidentemente di quelli che costituiscono le prestazioni dell’opera (o del componente). Le 4 famiglie proposte mi pare comprendano quanto necessario: a) quali “geometrie deformate” (è il medesimo concetto delle “tolleranze essenziali”, ma per l’esercizio invece che per la costruzione), b) quali spessori residui della protezione dalla corrosione e/o dal fuoco, c1) quale livello di accettabilità per le giunzioni saldate in accordo a EN ISO 5817, c2) quali valori della coppia di serraggio per le giunzioni bullonate, d) quali spessori delle membrature, individuiamo come limite per l’intervento di manutenzione programmata?
Non vi è bisogno di alcuna analisi di “situazione difettata” perché non si tratta di un processo di “valutazione di vita residua” (che parte con un’analisi di uno “stato difettato” per giungere ad un giudizio appunto di “vita residua” del componente).
Alcune ulteriori note a proposito della protezione dalla corrosione.
Il monitoraggio a fini manutentivi ha lo scopo di garantire la durabilità della struttura in acciaio, il che in pratica vuol dire mettere in atto azioni opportune per far sì che la struttura non subisca fenomeni di degrado (sostanzialmente formazione della ruggine) che porterebbero a diminuzione degli spessori utili delle membrature e quindi ad una diminuzione della capacità portante. È chiaro che bisogna intervenire PRIMA che i fenomeni di corrosione dell’acciaio strutturale prendano piede al punto da ridurre gli spessori in gioco, mediante ad esempio opportuna riverniciatura della struttura, sostituzione dei bulloni ammalorati, etc. Ci sono casi particolari, ad esempio i sili che contengono materiali che esercitano, nel tempo, una azione abrasiva, nei quali il Progettista può contrastare il fenomeno prevedendo opportuni sovraspessori del mantello.
Quindi, nel caso della corrosione, la manutenzione dovrebbe garantire che essa non porti mai a diminuzioni significative degli spessori strutturali (a meno di non trovarsi, come accennato prima, in uno di quei casi nei quali, mediante opportuni sovraspessori, si accetti l’idea di una riduzione dello spessore). Se ciò dovesse avvenire (cioè se la manutenzione fosse stata fatta male, sostanzialmente) allora il progettista dovrebbe valutare la capacità portante residua della struttura alla luce degli spessori reali, e prescrivere le opportune azioni correttive, se necessario. Ma, chiaramente, è una situazione da evitare assolutamente.
Stabilire poi qual è il livello di ammaloramento della verniciatura oltre il quale è opportuno intervenire, diventa una scelta del Committente dell’opera. Un Committente potrebbe ad esempio fissare un livello di arrugginimento (definito dalla UNI EN ISO 4628-3:2016 “Pitture e vernici – Valutazione della degradazione dei rivestimenti – Designazione della quantità e della dimensione dei difetti e della intensità nelle alterazioni uniformi dell’aspetto – Parte 3: Valutazione del grado di ruggine (rusting)”) oltre il quale imporre di effettuare una riverniciatura.
Un intervallo di tempo massimo entro il quale dovrebbe essere effettuata la riverniciatura (o comunque la manutenzione della verniciatura) dovrebbe essere indicata nel manuale di manutenzione, e dovrebbe essere non superiore alla durabilità del ciclo di verniciatura scelto (Bassa, Media, Alta. Molto alta, secondo UNI EN ISO 12944-1).
Nel manuale di manutenzione dovrebbe essere poi fissato ogni quanto tempo va fatta una ispezione per verificare lo stato della verniciatura. Può essere utile la lettura della UNI EN ISO 12944-8 “Pitture e vernici – Protezione dalla corrosione di strutture di acciaio mediante verniciatura – Parte 8: Stesura di specifiche per lavori nuovi e di manutenzione”.
Ma una cosa fondamentale resta il fatto che il Progettista deve scegliere i dettagli strutturali più adatti a favorire una efficace verniciatura. In questo lo può aiutare la norma UNI EN ISO 12944-3.
DOMANDA
Più volte durante la prima giornata si è tirato in ballo il progettista durante la fase di direzione dei lavori, nel senso che lo stesso è tenuto a modificare eventuali assunzioni fatte in fase di progettazione ripetendo anche le analisi se necessario. Quali sono i limiti per i quali il progettista è tenuto a fare tale attività? Tale attività è da considerarsi parte integrante della progettazione, e quindi già remunerata con essa, oppure è un’attività di supporto alla DL? Esiste qualche riferimento legislativo che ponga tale obbligo in capo al progettista?
RISPOSTA
Il Progettista ed il Direttore dei Lavori devono garantire una situazione facile da esprimere: la rispondenza dell’eseguito al progettato.
Il Progettista deve intervenire: a) se il suo progetto non è adeguatamente chiaro/completo per il Direttore dei Lavori ed il Costruttore; b) se il Direttore dei Lavori e/o il Costruttore propongono modifiche della progettazione eseguita (eventualmente/banalmente confermando le proprie scelte già effettuate).
Come il Progettista contrattualizzi questo suo ruolo (comunque legalmente indiscutibile), non è materia del corso.
DOMANDA
Abbiamo visto che nel caso in cui le opere metalliche non abbiano un ruolo nella struttura principale dell’edificio, ma comunque un carattere autoportante, non rientrano nel campo di applicazione della UNI EN 1090-1. In ogni caso le NTC2018 prescrivono che tali componenti devono essere realizzati secondo la UNI EN 1090-2. In questi casi il progettista specifica, comunque, una classe di esecuzione, di cui all’Eurocodice 3, e quindi in fase di esecuzione bisogna comunque richiedere una DoP e una marcatura CE?
RISPOSTA
No. Il “regime DoP+CE” si applica soltanto nel caso sia applicabile la norma armonizzata.
I requisiti di carattere tecnico (applicabili all’opera specifica) di cui alla norma tecnica (EN 1090-2) devono comunque darsi perché così ha stabilito il legislatore.
Ma l’applicazione (in Italia appunto cogente) della norma tecnica (EN 1090-2) non comporta il “regime DoP+CE” (EN 1090-1). Mentre è sempre vero che per applicare il “regime DoP+CE” occorre dimostrare il rispetto dei requisiti applicabili della norma tecnica (EN 1090-2).
DOMANDA
A valle delle operazioni di assemblaggio in sito, oltre le certificazioni di eventuali saldature in sito e di serraggio di bulloni, l’impresa installatrice deve rilasciare qualche certificazione/dichiarazione? Inoltre, la suddetta impresa deve avere delle certificazioni specifiche per poter montare la struttura metallica?
RISPOSTA
Il legislatore (N.T.C. 2018) non prevede alcuna “certificazione/dichiarazione” relativa all’opera rilasciata dall’Appaltatore.
Il Direttore dei Lavori (allo scopo di dimostrare la corrispondenza fra eseguito e progettato) verifica la completezza della documentazione di dimostrazione: a) della propedeutica qualificazione dei processi impiegati in sito, b) degli esiti qualitativi dei processi ivi impiegati; e allega il tutto alla “Relazione a struttura ultimata” a beneficio del Collaudatore.
Circa il tema qualificazione del “costruttore” (cioè dell’organizzazione aziendale, non dei processi, il cui stato di qualificazione è inderogabile), il testo (ormai molto datato ma immutato dal 2008: rif. par. 11.3.4.5) dispone che “il costruttore deve essere certificato secondo la norma UNI EN ISO 3834:2006 parti 2, 3 e 4”, senza specificare se con ciò intenda anche per il processo attuato in sito.
La certificazione di cui trattasi è, per definizione della stessa, riferita esclusivamente al “luogo di attuazione” del processo, comportando necessariamente, per l’attuazione in sito, un’emissione dedicata. Nella pratica non risultano casi interpretativi in tal senso del testo di legge. E quindi “la pratica fa la legge” (fino ad eventuale chiarimento in nuovo testo).
DOMANDA
Ai fini dell’identificazione, i produttori di elementi in acciaio sono tenuti a marchiare i loro prodotti, similmente a come succede per le barre da c.a.?
RISPOSTA
L’identificazione è un requisito inderogabile per qualsiasi prodotto. Altresì per i prodotti da costruzione. Se intendiamo “marcatura” a fini identificativi, la risposta è senz’altro sì, allo scopo essenziale di garantire la corrispondenza biunivoca con il relativo documento di controllo in accordo a EN 10204.
Se intendiamo “marcatura” CE, abbiamo già rilevato che deve apporsi se e solo se il prodotto ricade in norma armonizzata.
DOMANDA
Durante la prima giornata è stato accennato al tema delle spese connesse alle prove di accettazione dei materiali. Nella mia esperienza le imprese “ben accettano” le spese sulle classiche prove sugli acciai, cls, ma non le spese di eventuali prove di carico richieste dal Collaudatore o dallo stesso DL. In questi casi chi sarebbe tenuto a pagare? Esistono indicazioni legislative al riguardo o andrebbe specificato nel capitolato?
RISPOSTA
E’ del tutto evidente che non esiste un dispositivo legislativo che stabilisca a chi vadano in carico oneri di prove e collaudi. Si tratta di accordi contrattuali.
Io credo che sia opportuno che vada definito nel Capitolato Tecnico, o comunque nei documenti contrattuali tra Committente e Costruttore.
DOMANDA
Per le prove di accettazione sui materiali di cui al 11.3.4.11.3 delle NTC2018, in merito agli elementi di carpenteria metallica, volevo chiedere quanto segue. Ammettiamo che per la realizzazione di un capannone industriale sia stato utilizzato un quantitativo totale di acciaio da carpenteria pari a 80 ton. Supponiamo che gli elementi metallici, di differenti tipologie di profilati, provengono da due produttori differenti e da lotti di produzioni differenti. Tutti gli elementi sono costituiti dalla stessa tipologia d’acciaio. Volendo rispettare al minimo quanto prescritto dalle NTC2018, in casi del genere basterebbe far testare totali 3 provette di acciaio, indipendentemente dal numero di produttori e quant’altro?
RISPOSTA
Il testo del legislatore è assolutamente chiaro nella sua indeterminatezza: “3 prove ogni 90 tonnellate; il numero di campioni, prelevati e provati nell’ambito di una stessa opera, non può comunque essere inferiore a tre”. Quindi la risposta è evidentemente sì (a prescindere dalla “complicatezza” della fattispecie proposta).
Dovendo malauguratamente fronteggiare una qualche azione legale nei suoi confronti, risulta evidente che la difendibilità del proprio operato viene parimenti ridotta “al minimo”.
DOMANDA
Sempre in merito alle prove di accettazione, quando la norma parla di giunzioni meccaniche immagino si riferisca alle eventuali piastre piaste utilizzate nei giunti, prescrivendo 3 campioni ogni 100 pezzi. È corretto intendere il pezzo come la singola piastra di dimensioni axb e spessore t utilizzata nei giunti? Ad esempio, nel caso di giunti di continuità di una IPE, a giunto flangiato, con doppia piastra d’anima, doppia piastra d’ala sia superiormente che inferiormente, avremmo, considerando che le piastre d’ala interne debbono essere spezzate, 8 pezzi?
RISPOSTA
Le “giunzioni meccaniche” alle quali si riferisce il legislatore sono quelle di cui al par. 11.3.2.9 delle NTC2018. E non altre.
DOMANDA
Per quanto riguarda i bulloni, durante la direzione dei lavori, spesso ho difficoltà a far digerire alle imprese la necessità di utilizzare i bulloni marcati CE, siano o non a serraggio controllato. Esistono delle casistiche in cui possono essere usati bulloni non marcati CE?
RISPOSTA
Per le opere di costruzione da realizzarsi su territorio nazionale soltanto se corredati da idoneo Certificato di Valutazione Tecnica (cfr. § 11.1 delle NTC 2018).
Risponde l’ing. Franco De Pizzol.
DOMANDA
Tra gli output del processo di progettazione bisognerebbe riportare anche le tolleranze geometriche essenziali e funzionali. Il progettista è tenuto a fare delle valutazioni ad hoc, oppure può limitarsi a far utile riferimento ai contenuti della UNI EN 1090-2?
RISPOSTA
Il progettista è sempre tenuto “a fare valutazioni ad hoc” perché si tratta del suo progetto. Ovvero deve sempre valutare quali siano i valori delle tolleranze geometriche (senz’altro per le essenziali e per le funzionali quantomeno in relazione al processo di installazione) superati i quali la sua struttura “non funzioni più”. Se con “limitarsi a far utile riferimento ai contenuti della UNI EN 1090-2” si intende non procedere “a fare valutazioni ad hoc”, allora non ci siamo (resta evidentemente possibile che le comunque ineludibili “valutazioni ad hoc” conducano a riscontrare la riferibilità ai valori di tabella per la sua struttura e quindi alla loro specificazione).
Il progettista dovrebbe indicare le tolleranze da rispettare nel Capitolato Tecnico (CT) (o in un documento citato nel CT come sua parte integrante). Il CT è infatti un documento contrattuale che obbliga quindi il Costruttore al suo rispetto, pena eventuali azioni da parte del Committente (degrado dell’opera), e nello stesso tempo gli consente di fissare un prezzo per l’opera che tenga conto anche del rispetto di quelle tolleranze. Se le tolleranze venissero invece indicate solo in disegni di progetto emessi DOPO la firma del contratto, il Costruttore potrebbe richiedere degli extra costi.
DOMANDA
Inoltre, bisognerebbe riportare indicazioni sui parametri da sottoporre a monitoraggio ai fini manutentivi, come da slide 9. Se non capisco male, la valutazione di tali parametri presupporrebbe eseguire delle analisi considerando le parti d’opera nella situazione difettata. I risultati così ottenuti dipendono fortemente dall’ipotesi di difetto fatta a monte, per cui si aprirebbero tante possibili configurazioni di analisi. A tal riguardo esiste qualche indicazione più precisa su come affrontare la questione?
RISPOSTA
No. Il messaggio è diverso: in sede di progettazione strutturale per la manutenzione (perché di progettazione strutturale si parla) l’unico soggetto che può definire quali siano i livelli prestazionali minimi al raggiungimento dei quali deve intervenire il processo di manutenzione programmata (meccanismo strettamente correlato con la volontà del gestore ed i costi relativi), è il progettista strutturale. Livelli prestazionali minimi di quali parametri? Evidentemente di quelli che costituiscono le prestazioni dell’opera (o del componente). Le 4 famiglie proposte mi pare comprendano quanto necessario: a) quali “geometrie deformate” (è il medesimo concetto delle “tolleranze essenziali”, ma per l’esercizio invece che per la costruzione), b) quali spessori residui della protezione dalla corrosione e/o dal fuoco, c1) quale livello di accettabilità per le giunzioni saldate in accordo a EN ISO 5817, c2) quali valori della coppia di serraggio per le giunzioni bullonate, d) quali spessori delle membrature, individuiamo come limite per l’intervento di manutenzione programmata?
Non vi è bisogno di alcuna analisi di “situazione difettata” perché non si tratta di un processo di “valutazione di vita residua” (che parte con un’analisi di uno “stato difettato” per giungere ad un giudizio appunto di “vita residua” del componente).
Alcune ulteriori note a proposito della protezione dalla corrosione.
Il monitoraggio a fini manutentivi ha lo scopo di garantire la durabilità della struttura in acciaio, il che in pratica vuol dire mettere in atto azioni opportune per far sì che la struttura non subisca fenomeni di degrado (sostanzialmente formazione della ruggine) che porterebbero a diminuzione degli spessori utili delle membrature e quindi ad una diminuzione della capacità portante. È chiaro che bisogna intervenire PRIMA che i fenomeni di corrosione dell’acciaio strutturale prendano piede al punto da ridurre gli spessori in gioco, mediante ad esempio opportuna riverniciatura della struttura, sostituzione dei bulloni ammalorati, etc. Ci sono casi particolari, ad esempio i sili che contengono materiali che esercitano, nel tempo, una azione abrasiva, nei quali il Progettista può contrastare il fenomeno prevedendo opportuni sovraspessori del mantello.
Quindi, nel caso della corrosione, la manutenzione dovrebbe garantire che essa non porti mai a diminuzioni significative degli spessori strutturali (a meno di non trovarsi, come accennato prima, in uno di quei casi nei quali, mediante opportuni sovraspessori, si accetti l’idea di una riduzione dello spessore). Se ciò dovesse avvenire (cioè se la manutenzione fosse stata fatta male, sostanzialmente) allora il progettista dovrebbe valutare la capacità portante residua della struttura alla luce degli spessori reali, e prescrivere le opportune azioni correttive, se necessario. Ma, chiaramente, è una situazione da evitare assolutamente.
Stabilire poi qual è il livello di ammaloramento della verniciatura oltre il quale è opportuno intervenire, diventa una scelta del Committente dell’opera. Un Committente potrebbe ad esempio fissare un livello di arrugginimento (definito dalla UNI EN ISO 4628-3:2016 “Pitture e vernici – Valutazione della degradazione dei rivestimenti – Designazione della quantità e della dimensione dei difetti e della intensità nelle alterazioni uniformi dell’aspetto – Parte 3: Valutazione del grado di ruggine (rusting)”) oltre il quale imporre di effettuare una riverniciatura.
Un intervallo di tempo massimo entro il quale dovrebbe essere effettuata la riverniciatura (o comunque la manutenzione della verniciatura) dovrebbe essere indicata nel manuale di manutenzione, e dovrebbe essere non superiore alla durabilità del ciclo di verniciatura scelto (Bassa, Media, Alta. Molto alta, secondo UNI EN ISO 12944-1).
Nel manuale di manutenzione dovrebbe essere poi fissato ogni quanto tempo va fatta una ispezione per verificare lo stato della verniciatura. Può essere utile la lettura della UNI EN ISO 12944-8 “Pitture e vernici – Protezione dalla corrosione di strutture di acciaio mediante verniciatura – Parte 8: Stesura di specifiche per lavori nuovi e di manutenzione”.
Ma una cosa fondamentale resta il fatto che il Progettista deve scegliere i dettagli strutturali più adatti a favorire una efficace verniciatura. In questo lo può aiutare la norma UNI EN ISO 12944-3.
DOMANDA
Più volte durante la prima giornata si è tirato in ballo il progettista durante la fase di direzione dei lavori, nel senso che lo stesso è tenuto a modificare eventuali assunzioni fatte in fase di progettazione ripetendo anche le analisi se necessario. Quali sono i limiti per i quali il progettista è tenuto a fare tale attività? Tale attività è da considerarsi parte integrante della progettazione, e quindi già remunerata con essa, oppure è un’attività di supporto alla DL? Esiste qualche riferimento legislativo che ponga tale obbligo in capo al progettista?
RISPOSTA
Il Progettista ed il Direttore dei Lavori devono garantire una situazione facile da esprimere: la rispondenza dell’eseguito al progettato.
Il Progettista deve intervenire: a) se il suo progetto non è adeguatamente chiaro/completo per il Direttore dei Lavori ed il Costruttore; b) se il Direttore dei Lavori e/o il Costruttore propongono modifiche della progettazione eseguita (eventualmente/banalmente confermando le proprie scelte già effettuate).
Come il Progettista contrattualizzi questo suo ruolo (comunque legalmente indiscutibile), non è materia del corso.
DOMANDA
Abbiamo visto che nel caso in cui le opere metalliche non abbiano un ruolo nella struttura principale dell’edificio, ma comunque un carattere autoportante, non rientrano nel campo di applicazione della UNI EN 1090-1. In ogni caso le NTC2018 prescrivono che tali componenti devono essere realizzati secondo la UNI EN 1090-2. In questi casi il progettista specifica, comunque, una classe di esecuzione, di cui all’Eurocodice 3, e quindi in fase di esecuzione bisogna comunque richiedere una DoP e una marcatura CE?
RISPOSTA
No. Il “regime DoP+CE” si applica soltanto nel caso sia applicabile la norma armonizzata.
I requisiti di carattere tecnico (applicabili all’opera specifica) di cui alla norma tecnica (EN 1090-2) devono comunque darsi perché così ha stabilito il legislatore.
Ma l’applicazione (in Italia appunto cogente) della norma tecnica (EN 1090-2) non comporta il “regime DoP+CE” (EN 1090-1). Mentre è sempre vero che per applicare il “regime DoP+CE” occorre dimostrare il rispetto dei requisiti applicabili della norma tecnica (EN 1090-2).
DOMANDA
A valle delle operazioni di assemblaggio in sito, oltre le certificazioni di eventuali saldature in sito e di serraggio di bulloni, l’impresa installatrice deve rilasciare qualche certificazione/dichiarazione? Inoltre, la suddetta impresa deve avere delle certificazioni specifiche per poter montare la struttura metallica?
RISPOSTA
Il legislatore (N.T.C. 2018) non prevede alcuna “certificazione/dichiarazione” relativa all’opera rilasciata dall’Appaltatore.
Il Direttore dei Lavori (allo scopo di dimostrare la corrispondenza fra eseguito e progettato) verifica la completezza della documentazione di dimostrazione: a) della propedeutica qualificazione dei processi impiegati in sito, b) degli esiti qualitativi dei processi ivi impiegati; e allega il tutto alla “Relazione a struttura ultimata” a beneficio del Collaudatore.
Circa il tema qualificazione del “costruttore” (cioè dell’organizzazione aziendale, non dei processi, il cui stato di qualificazione è inderogabile), il testo (ormai molto datato ma immutato dal 2008: rif. par. 11.3.4.5) dispone che “il costruttore deve essere certificato secondo la norma UNI EN ISO 3834:2006 parti 2, 3 e 4”, senza specificare se con ciò intenda anche per il processo attuato in sito.
La certificazione di cui trattasi è, per definizione della stessa, riferita esclusivamente al “luogo di attuazione” del processo, comportando necessariamente, per l’attuazione in sito, un’emissione dedicata. Nella pratica non risultano casi interpretativi in tal senso del testo di legge. E quindi “la pratica fa la legge” (fino ad eventuale chiarimento in nuovo testo).
DOMANDA
Ai fini dell’identificazione, i produttori di elementi in acciaio sono tenuti a marchiare i loro prodotti, similmente a come succede per le barre da c.a.?
RISPOSTA
L’identificazione è un requisito inderogabile per qualsiasi prodotto. Altresì per i prodotti da costruzione. Se intendiamo “marcatura” a fini identificativi, la risposta è senz’altro sì, allo scopo essenziale di garantire la corrispondenza biunivoca con il relativo documento di controllo in accordo a EN 10204.
Se intendiamo “marcatura” CE, abbiamo già rilevato che deve apporsi se e solo se il prodotto ricade in norma armonizzata.
DOMANDA
Durante la prima giornata è stato accennato al tema delle spese connesse alle prove di accettazione dei materiali. Nella mia esperienza le imprese “ben accettano” le spese sulle classiche prove sugli acciai, cls, ma non le spese di eventuali prove di carico richieste dal Collaudatore o dallo stesso DL. In questi casi chi sarebbe tenuto a pagare? Esistono indicazioni legislative al riguardo o andrebbe specificato nel capitolato?
RISPOSTA
E’ del tutto evidente che non esiste un dispositivo legislativo che stabilisca a chi vadano in carico oneri di prove e collaudi. Si tratta di accordi contrattuali.
Io credo che sia opportuno che vada definito nel Capitolato Tecnico, o comunque nei documenti contrattuali tra Committente e Costruttore.
DOMANDA
Per le prove di accettazione sui materiali di cui al 11.3.4.11.3 delle NTC2018, in merito agli elementi di carpenteria metallica, volevo chiedere quanto segue. Ammettiamo che per la realizzazione di un capannone industriale sia stato utilizzato un quantitativo totale di acciaio da carpenteria pari a 80 ton. Supponiamo che gli elementi metallici, di differenti tipologie di profilati, provengono da due produttori differenti e da lotti di produzioni differenti. Tutti gli elementi sono costituiti dalla stessa tipologia d’acciaio. Volendo rispettare al minimo quanto prescritto dalle NTC2018, in casi del genere basterebbe far testare totali 3 provette di acciaio, indipendentemente dal numero di produttori e quant’altro?
RISPOSTA
Il testo del legislatore è assolutamente chiaro nella sua indeterminatezza: “3 prove ogni 90 tonnellate; il numero di campioni, prelevati e provati nell’ambito di una stessa opera, non può comunque essere inferiore a tre”. Quindi la risposta è evidentemente sì (a prescindere dalla “complicatezza” della fattispecie proposta).
Dovendo malauguratamente fronteggiare una qualche azione legale nei suoi confronti, risulta evidente che la difendibilità del proprio operato viene parimenti ridotta “al minimo”.
DOMANDA
Sempre in merito alle prove di accettazione, quando la norma parla di giunzioni meccaniche immagino si riferisca alle eventuali piastre piaste utilizzate nei giunti, prescrivendo 3 campioni ogni 100 pezzi. È corretto intendere il pezzo come la singola piastra di dimensioni axb e spessore t utilizzata nei giunti? Ad esempio, nel caso di giunti di continuità di una IPE, a giunto flangiato, con doppia piastra d’anima, doppia piastra d’ala sia superiormente che inferiormente, avremmo, considerando che le piastre d’ala interne debbono essere spezzate, 8 pezzi?
RISPOSTA
Le “giunzioni meccaniche” alle quali si riferisce il legislatore sono quelle di cui al par. 11.3.2.9 delle NTC2018. E non altre.
DOMANDA
Per quanto riguarda i bulloni, durante la direzione dei lavori, spesso ho difficoltà a far digerire alle imprese la necessità di utilizzare i bulloni marcati CE, siano o non a serraggio controllato. Esistono delle casistiche in cui possono essere usati bulloni non marcati CE?
RISPOSTA
Per le opere di costruzione da realizzarsi su territorio nazionale soltanto se corredati da idoneo Certificato di Valutazione Tecnica (cfr. § 11.1 delle NTC 2018).
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Re: Webinar: “LA DIREZIONE LAVORI DELLE STRUTTURE IN ACCIAIO” – 23 febbraio e 1 marzo 2024
On 11 Marzo 2024 alle 12:16 Gianluigi said
Buongiorno,
Facendo seguito all’argomento di discussione emerso durante il webinar, mi chiedo quale sia il giusto riferimento per individuare la classe di conseguenza per determinare la classe di esecuzione di progetto:
UNI EN 1990
UNI EN 1991-1-7
Appendice nazionale italiana alla UNI-EN 1991-1-7 “Azioni sulle costruzioni – Parte 1-7: Azioni in generale – Azioni eccezionali”, redatta con riferimento alle NTC 2008 (approvata dal Consiglio Superiore dei LL.PP. in data 24/09/2010).
Altro?
Lo chiedo perché mi pare che la classe di conseguenza sia determinante per attribuire la classe di esecuzione (e in particolare per la differenza tra EXC2 o EXC3). L’attribuzione della classe di esecuzione è obbligatoria (“cogente”), perché è prevista nella 1090, che a sua volta è richiamata in modo cogente nelle NTC 2018.
E’ quindi assolutamente importante capire se gli interventi su un edificio in classe d’uso III (per es. una scuola) possono essere eseguiti in EXC2, come sembra specificare l’Appendice italiana all’EC1 (in cui la CC3 è riservata alle sole classi d’uso IV), oppure se vanno obbligatoriamente eseguiti in EXC3.
Il quesito va letto nei panni di chi deve controllare (validare) i progetti degli altri.
Certamente la Classe di Esecuzione deve essere attribuita e, non essendoci nelle NTC2018 indicazioni a riguardo, bisogna seguire le indicazioni del Capitolo 12 – RIFERIMENTI TECNICI:
“Per quanto non diversamente specificato nella presente norma, si intendono coerenti con i principi alla base della stessa, le indicazioni riportate nei seguenti documenti:
– Eurocodici strutturali pubblicati dal CEN, con le precisazioni riportate nelle Appendici Nazionali; …etc.”
Quindi vanno seguiti gli Eurocodici ma con le Appendici Nazionali che sono quelle relative alle NTC2008, non essendo ancora state emesse quelle relative alle NTC2018.
Come giustamente nota lei, si trovano indicazioni circa le Classi di Conseguenze, indispensabili per definire le Classi di Esecuzione, in (e soltanto lì):
– UNI EN 1990 Appendice B
– UNI EN 1991-1-7 Annex A
Entrambe le appendici sono “indicative”, quindi orientative, non cogenti. Nelle Appendici Nazionali (alle NTC2008, ma la bozza delle Appendici Nazionali alle NTC2018 riporta esattamente le stesse indicazioni) si trovano modifiche all’Annex A dell’UNI UN 1991-1-7 che riportano la definizione delle Classi di Conseguenze a quella delle Classi d’Uso delle NTC2018:
CC1 à Classe I;
CC2-rischio inf. à Classe II;
CC2-rischio sup. àClasse III;
CC3 à Classe IV.
Anche la correzione operata dagli Annessi nazionali è “indicativa”. Infatti è scritto:
“Si adotta la seguente classificazione, che non si intende esaustiva, e che dovrà essere integrata da valutazioni caso per caso”.
A questo punto, considerando che la tabella della UNI EN 1991-1-7 è più articolata rispetto a quella della UNI EN 1990 ed ha inoltre un riscontro negli Annessi Nazionali, sembra più opportuno seguire questa.
Quindi una scuola (Classe d’uso III) verrebbe classificata in Classe di Conseguenza CC2 – rischio superiore.
Ma anche se si guardasse soltanto alla tabella della UNI EN 1991-1-7, scordandosi degli Annessi Nazionali, si arriverebbe alla stessa classificazione. Infatti, tra gli esempi di strutture rientranti in CC2-rischio sup. sono inserite le “scuole da 2 a 15 piani”. Volendo fare i pignoli, tale tabella inserisce le scuole monopiano nella categoria CC2-rischio inf., ma sempre di categoria CC2 si tratta.
A questo punto, fissata la CC2, la Classe di Esecuzione sarà: EXC2 se non si adotta una progettazione duttile (q =< 1,5) EXC3 se si sfrutta la duttilità ( q > 1,5). Questo è il minimo richiesto dalle norme.
Esprimo adesso un parere personale. Un edificio scolastico che ospita centinaia di bambini, nuovo a struttura d’acciaio oppure esistente e nel quale si migliora la resistenza sismica con elementi strutturali in acciaio, situato in una regione d’Italia con sismicità rilevante, anche se fosse stato calcolato con q=1 io lo classificherei EXC3 e non EXC2. La EXC2 è la classe d’esecuzione che qualsiasi carpenteria può avere, mentre la EXC3 dà più garanzia di avere un costruttore di qualità. Del resto basti pensare che i controlli in EXC3 sono maggiori e questo, per un edificio di tal genere, non è male. Ricordiamoci che le tabelle che abbiamo a disposizione sono “indicative”, e che anche negli Annessi Nazionali è detto che la classificazione “dovrà essere integrata da valutazioni caso per caso”. Quindi un ragionamento da parte del Progettista è richiesto, al di là del “minimo sindacale” delle normative.
Spero che quanto scritto aiuti.
Cordiali saluti
Benedetto Cordova
Buongiorno,
Facendo seguito all’argomento di discussione emerso durante il webinar, mi chiedo quale sia il giusto riferimento per individuare la classe di conseguenza per determinare la classe di esecuzione di progetto:
UNI EN 1990
UNI EN 1991-1-7
Appendice nazionale italiana alla UNI-EN 1991-1-7 “Azioni sulle costruzioni – Parte 1-7: Azioni in generale – Azioni eccezionali”, redatta con riferimento alle NTC 2008 (approvata dal Consiglio Superiore dei LL.PP. in data 24/09/2010).
Altro?
Lo chiedo perché mi pare che la classe di conseguenza sia determinante per attribuire la classe di esecuzione (e in particolare per la differenza tra EXC2 o EXC3). L’attribuzione della classe di esecuzione è obbligatoria (“cogente”), perché è prevista nella 1090, che a sua volta è richiamata in modo cogente nelle NTC 2018.
E’ quindi assolutamente importante capire se gli interventi su un edificio in classe d’uso III (per es. una scuola) possono essere eseguiti in EXC2, come sembra specificare l’Appendice italiana all’EC1 (in cui la CC3 è riservata alle sole classi d’uso IV), oppure se vanno obbligatoriamente eseguiti in EXC3.
Il quesito va letto nei panni di chi deve controllare (validare) i progetti degli altri.
Certamente la Classe di Esecuzione deve essere attribuita e, non essendoci nelle NTC2018 indicazioni a riguardo, bisogna seguire le indicazioni del Capitolo 12 – RIFERIMENTI TECNICI:
“Per quanto non diversamente specificato nella presente norma, si intendono coerenti con i principi alla base della stessa, le indicazioni riportate nei seguenti documenti:
– Eurocodici strutturali pubblicati dal CEN, con le precisazioni riportate nelle Appendici Nazionali; …etc.”
Quindi vanno seguiti gli Eurocodici ma con le Appendici Nazionali che sono quelle relative alle NTC2008, non essendo ancora state emesse quelle relative alle NTC2018.
Come giustamente nota lei, si trovano indicazioni circa le Classi di Conseguenze, indispensabili per definire le Classi di Esecuzione, in (e soltanto lì):
– UNI EN 1990 Appendice B
– UNI EN 1991-1-7 Annex A
Entrambe le appendici sono “indicative”, quindi orientative, non cogenti. Nelle Appendici Nazionali (alle NTC2008, ma la bozza delle Appendici Nazionali alle NTC2018 riporta esattamente le stesse indicazioni) si trovano modifiche all’Annex A dell’UNI UN 1991-1-7 che riportano la definizione delle Classi di Conseguenze a quella delle Classi d’Uso delle NTC2018:
CC1 à Classe I;
CC2-rischio inf. à Classe II;
CC2-rischio sup. àClasse III;
CC3 à Classe IV.
Anche la correzione operata dagli Annessi nazionali è “indicativa”. Infatti è scritto:
“Si adotta la seguente classificazione, che non si intende esaustiva, e che dovrà essere integrata da valutazioni caso per caso”.
A questo punto, considerando che la tabella della UNI EN 1991-1-7 è più articolata rispetto a quella della UNI EN 1990 ed ha inoltre un riscontro negli Annessi Nazionali, sembra più opportuno seguire questa.
Quindi una scuola (Classe d’uso III) verrebbe classificata in Classe di Conseguenza CC2 – rischio superiore.
Ma anche se si guardasse soltanto alla tabella della UNI EN 1991-1-7, scordandosi degli Annessi Nazionali, si arriverebbe alla stessa classificazione. Infatti, tra gli esempi di strutture rientranti in CC2-rischio sup. sono inserite le “scuole da 2 a 15 piani”. Volendo fare i pignoli, tale tabella inserisce le scuole monopiano nella categoria CC2-rischio inf., ma sempre di categoria CC2 si tratta.
A questo punto, fissata la CC2, la Classe di Esecuzione sarà: EXC2 se non si adotta una progettazione duttile (q =< 1,5) EXC3 se si sfrutta la duttilità ( q > 1,5). Questo è il minimo richiesto dalle norme.
Esprimo adesso un parere personale. Un edificio scolastico che ospita centinaia di bambini, nuovo a struttura d’acciaio oppure esistente e nel quale si migliora la resistenza sismica con elementi strutturali in acciaio, situato in una regione d’Italia con sismicità rilevante, anche se fosse stato calcolato con q=1 io lo classificherei EXC3 e non EXC2. La EXC2 è la classe d’esecuzione che qualsiasi carpenteria può avere, mentre la EXC3 dà più garanzia di avere un costruttore di qualità. Del resto basti pensare che i controlli in EXC3 sono maggiori e questo, per un edificio di tal genere, non è male. Ricordiamoci che le tabelle che abbiamo a disposizione sono “indicative”, e che anche negli Annessi Nazionali è detto che la classificazione “dovrà essere integrata da valutazioni caso per caso”. Quindi un ragionamento da parte del Progettista è richiesto, al di là del “minimo sindacale” delle normative.
Spero che quanto scritto aiuti.
Cordiali saluti
Benedetto Cordova
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Re: Webinar: “LA DIREZIONE LAVORI DELLE STRUTTURE IN ACCIAIO” – 23 febbraio e 1 marzo 2024
Risposta super-esaustiva e condivisibile!
Grazie! (dal vecchio enterprise di ingforum)
Gianluigi
Grazie! (dal vecchio enterprise di ingforum)
Gianluigi